Domande e risposte estratte dalla ripresa video dell'incontro del 18 luglio 2016
D: Abbiamo compreso che il PEI deve essere ben compilato e presenti i genitori. Mi è capitato che gli insegnanti avevano iniziato il PEI senza di me. Così l’ho fatto sospendere e dunque ho chiesto di essere convocato dall’inizio. Piccolo contrasto utile per chiarire. Se non lo facciamo presente noi..
R: Sì. Purtroppo la buona prassi non sempre è eseguita. Non si conosce la legge 104 e lo spirito di questa legge. I fondamenti sono come obnubilati, dimenticati. Occorre purtroppo sapere, e far sapere, quelli che sono, non solo i diritti, ma anche i fondamenti che sono dietro ai diritti. I genitori sono fondamentali, non accessori.
D: Ho notato che gli insegnati di mio figlio hanno una certa rigidità sia nella prassi che nella didattica. Alcuni insegnanti di matematica volevano far fare equazioni a mio figlio che, per limiti oggettivi, non può farle. Mi viene risposto, ad una alternativa: “non è il progetto didattico di quest’anno”. Che senso ha una tale affermazione e che strumenti abbiamo.
R: La risposta è semplice, parlo da insegnante. Essere insegnante non significa che io sia preparato ad una disabilità o ad una specifica disabilità. Ad esempio l’umiltà è un pre-requisito che sento necessario per la mia professione. La prima integrazione e la prima inclusione l’insegnante la deve poter fare con questa consapevolezza sana di sé e della realtà. Io insegnante non sono preparato dal punto di vista metodologico, affettivo ed effettivo. La formazione permanente e specifica è indispensabile. Però vuol dire spendere soldi, investire sugli insegnanti per investire sui disabili e sui deboli della nostra società. Questo le Istituzioni non lo comprendono. Anche perché non hanno compreso come far girare l’economia davanti a nuove sfide di welfare. Attenzione ai programmi differenziati che non hanno dei veri e propri obiettivi minimi di crescita. Spesso non portano a nulla e tanto meno ad uno sbocco professionale. Bisogna vedere caso per caso e su ogni situazione tirare fuori il massimo pensando alle potenzialità e al bene del disabile che si ha davanti, anche per il suo futuro.
D: Il PEI di cui mia figlia ha bisogno, viene fatto ad ottobre/novembre. Mi hanno promesso il massimo delle ore senza fare prima il PEI.
R: L’affermazione “massima delle ore” e il termine “copertura” sono ambigui e talvolta inesatti. Non bisogna entrare in una logica di “vendita” o di “ricatto”. E’ importante, inoltre, per quanto riguarda la scuola, distinguere le figure. Un conto è l’insegnante di sostegno, un conto la figura assistente all’autonomia (di solito chiamata AEC). Sono figure che hanno ruoli distinti. Uno didattico, l’altro educativo e per le autonomie. Ovvio che vi sono punti di incontro come è bene che, proprio per tal motivo, vi siano ore di compresenza. L’insegnante di sostegno è curriculare e della classe. La figura dell’educatore, specie in alcuni casi di disabilità grave, motoria e/o cognitiva, è figura che per numero di ore può superare anche quelle massime che il provveditorato mette a disposizione per il sostegno. Ma il numero delle ore non è deciso da un elemento del GLHO.
Non è deciso dal genitore.
Non è deciso da questioni economiche.
Non è deciso da diagnosi funzionali o PDF modificati in base alle risorse.
Il numero delle ore, che deve andare obbligatoriamente sul PEI, sia per il Sostegno che per l’AEC, che, eventualmente indicando anche le ore della domiciliare, è deciso dall’intero GLHO sulle necessità effettive del disabile. Pensando seriamente al “durante noi” in visione del “dopo di noi”. Non si gioca al ribasso né per consolazioni dovute al numero delle ore. Tipo, appunto “copertura totale”, quando, su alcuni casi, c’è bisogno di minor ore di sostegno e maggiori ore di AEC, ad esempio. Bisogna valutare seriamente caso per caso pensando al disabile, al suo bene, alla qualità del suo percorso.
Questo indica la legge e lo spirito della legge, saldamente ancorati sui principi della Costituzione che animano la legge 104.
D: Ma a me il Comune ha detto, tramite l’Assistente Sociale, “come posso togliere a te per dare ad altri”, “è una guerra tra poveri”, “non ci sono risorse”.
R: Le affermazioni “questa è una guerra tra poveri”, “se do risorse a te ne tolgo ad altri”, “non ci sono risorse” sono l’arma (impropria) di ricatto che usa l’istituzione per mettere in difficoltà il genitore e il disabile. Per farlo sentire in colpa e de-responsabilizzarsi davanti alla situazione. Ci siamo passati tutti. Anzitutto, eccetto rari comuni virtuosi che veramente pensano ai propri disabili, almeno facendo il massimo possibile, il discorso delle risorse non è vero. Ma anche se lo fosse non è che facendo il bene di uno si pone in essere il male di un altro. Anzi si mette in moto un circolo realmente virtuoso che obbliga l’istituzione più vicina, il Comune, a farsi realmente carico della realtà del territorio e battere cassa (con tutti i mezzi relazionali e giuridici) alla Regione, la quale a sua volta deve poter battere cassa al governo. Non è di certo un problema della famiglia, né tantomeno del disabile. Tenete conto che l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) non ha mai fatto un vero e proprio monitoraggio dei disabili presenti sul territorio e delle loro diagnosi funzionali. Cosa che sarebbe assai semplice. Questo ha creato una sorta di assenza di attenzione tra i Comuni e il Governo; è la macchina dello stato che crea i poveri e non rispetta il patto sociale. Siamo uno Stato tutt’altro che in crisi. Siamo in uno Stato mal amministrato e le risorse ci sono, eccome se ci sono. Solo che piangersi addosso per le istituzioni ed usare frasi fatte di cui sopra, sulle risorse e quant’altro, è la risposta (comoda) di bassa e talvolta inesistente educazione civica che viene fatta ricadere come un macigno sul disabile e sulla famiglia del disabile. Questo è immorale. Di questo bisogna esserne consapevoli e talvolta le piccole Istituzioni e gli Assistenti Sociali sono complici di questo gioco al ribasso ed ingiusto.
D: Certo che sul PEI nessuno ti spiega nulla, ti ci trovi e ti trovi catapultato come genitore con disabili in una realtà in cui spesso sei giudicato.
R: Eh già. Prima la Diagnosi e poi il PDF, come dicevamo, devono essere ben compilate e il GLHO deve poter lavorare bene. Orienta il PEI. Ribadiamo che il PEI non è il luogo dell’ «io voglio», del genitore o dello specialista o delle risorse o degli equilibri di convenienza, ma è il luogo delle esigenze specifiche dell’alunno che vanno scritte e rispettate. Sono un vero e proprio contratto, una magna carta per il disabile.
D: Per la domiciliare chi decide?
R: Sempre il GLHO. Sul PEI deve esserci tutto. Sia quando il disabile è a scuola sia quando non è a scuola. Secondo oggettiva necessità. Puntando sulla necessità reale e sugli obiettivi reali. Non sempre la quantità è sinonimo di qualità, come dicevamo. Ma quasi mai la pochezza di ore è rivelativo di un lavoro professionale e di qualità. Bisogna essere vigili ed attenti. I nostri figli sono un bene in sé ed un valore e si meritano il meglio. Essere attenti a loro non significa solo rispettare la legge ma rispettare lo spirito della legge, significa essere più umani.
D: Quindi il PEI è uno strumento di appoggio?
R: Anche. E’ un contratto, come dicevamo, ed una carta fondamentale da far valere per il bene del disabile alle istituzioni. Anzitutto dialogando con essa e, se necessario, in estrema ratio, si ricorre ad un giudice. Ma quest’ultima, ovviamente, non può essere la prassi. Nessuno deve essere esasperato, tanto meno il disabile e al famiglia con disabilità.
D: I genitori fanno molta fatica a combattere con la scuola, con l’equipe dell’UMEE, con gli assistenti sociali. Le associazioni devono potere creare una piccola equipe che affianca il genitore dall’asilo nido per tutto il PEI.
R: Sì. Il genitore è giudicato da tutti gli altri attori e pertanto va umanamente e competentemente supportato. Speriamo di muoverci in tal senso con il supporto di tutte le associazioni sul territorio per ogni specifica disabilità.
D: Ma uno specialista dell’associazione può entrare al PEI?
R: E’ previsto dalla legge 104 proprio per avere un documento ben compilato, anche coadiuvati da un assistente esterno permesso dal genitore.
D: Quindi la scuola potrebbe chiedere aiuto a chi coordina una consapevolezza sul PEI?
R: Per ora non siamo in grado ma sarebbe auspicabile un dialogo fecondo (e ripetiamo non al ribasso) tra la scuola, l’UMEE, i Comuni e le Associazioni presenti sul territorio. Nel rispetto di tutti coinvolgendo e chiedendo uno spirito di collaborazione per un bene in sé e del disabile, così da trovare figure specializzate che possano accompagnare realmente una buona e attenta stesura del PEI.